Cos’è l’attaccamento e cosa sappiamo dai primi studi?
Attaccamento: dalla definizione di Bowlby ” ogni forma di comportamento che appare in una persona che riesce ad ottenere o a mantenere la vicinanza a un individuo preferito” . Nel neonato, la relazione di cura, attenzione, fiducia e risposta ai propri bisogni, da parte di una figura di riferimento, solitamente la mamma, ma non per forza può essere solo lei, ma anche il papà o qualsiasi altra persona che svolga tale funzione. Freud fu il primo a riportare studi sulla relazione madre bambino, legati da un’energia, una pulsione: la mamma soddisfa i bisogni orali del bambino allattandolo, dove in assenza di tale legame il bambino percepisce angoscia. Il tutto è ricondotto più ad aspetti di sopravvivenza e istintivi. I primi studi che coinvolsero anche la parte relazionale emotiva, furono proposti da Bowlby, dove l’attaccamento viene considerato una predisposizione dell’essere umano: andando a definire così la TEORIA DELL’ATTACCAMENTO e aiutandoci a vedere come le nostre prime relazioni dell’infanzia influenzano la nostra personalità e relazioni da adulti. Definì quindi differenti fasi:
- 0-3 mesi: il bambino riconosce la figura umana, ma non distingue per varie persone
- 3-6 mesi: inizia un attaccamento, riconosce perfettamente la figura che si prendere cura di lui, che lo nutre, lo coccola, perciò vi è anche un timore maggiore verso gli estranei.
- 7-8 mesi: in questa fase arriva a provare una forte angoscia se il proprio caregiver si allontana
- 8-24 mesi: si consolida un attaccamento vero e proprio
- 3 anni in su: inizia a creare dei legami, inizia ad esprimere maggiormente emozioni e sensazioni.
Stili di attaccamento:
- Stile sicuro: il bambino nel momento in cui è con il caregiver ci gioca ed esplora l’ambiente intorno, mentre durante la separazione ha forti reazioni di protesta: urla, piange, rifiuta l’estraneo; al momento del ricongiungimento però accetta l’abbraccio consolatorio del caregiver e presto tutto torna alla normalità. Vi è quindi fiducia e la sicurezza nelle proprie capacità: il bambino sa che non verrà abbandonato, perché la figura di attaccamento risponde alla sue richieste di protezione e ha fiducia nelle proprie capacità e si sente libero di esplorare il mondo.
- Stile insicuro-evitante: Il bambino è indifferente alla presenza o meno del caregiver, esplora l’ambiente, al ritorno del caregiver lo evita e non vuole l’abbraccio. Il bambino si sente rifiutato dal caregiver ogni volta che necessita aiuta o esprime un proprio bisogno, quindi deve risolvere la situazione problematica sempre da solo o auto-consolandosi, spesso il bambino arriva ad attuare comportamenti non veritieri per poter essere consolato ed amato, quello che in psicologia definiamo ” falso sé”.
- Stile insicuro-ambivalente: il bambino a volte cerca e a volte evita il proprio caregiver, è difficilmente consolabile se il caregiver si allontana e poi ritorna, continua a piangere, urlare. Spesso si presenta quando l’abbandono viene usata come una minaccia ” adesso ti lascio qui da sol*” , oppure sono presenti atteggiamenti ambivalenti nel caregiver che alterna momenti di cura ad altri di indifferenza. Il bambino non ha quindi un ambiente prevedibile, non sa cosa aspettarsi e ha quindi reazioni ansiose e insicure.
- Stile disorganizzato: il bambino non riesce ad organizzare nessun tipo di attaccamento, quando il caregiver ritorna dopo l’allontanamento, hanno reazioni incoerenti: essere spaventati, confusi, correre incontro ma guardando altrove. Spesso tale attaccamento sembra correlato alla presenza di lutti o traumi non risolti nel caregiver, involontariamente quindi genera paura nel bambino mentre lo accudisce con comportamenti aggressivi o spaventati, quindi diventa spaventante per il bambino.
Perché è così importante l’attaccamento? Definisce i nostri modelli operativi interni:
I modelli operativi interni sono degli schemi che permettono di leggere le relazioni, le interazioni con il mondo e poter scegliere le reazioni e comportamenti tra vari possibili, gestendo i momenti di difficoltà, di paura o insicurezza. Servono quindi a creare una BASE SICURA perché il bambino impari a sentire di poter fare affidamento e chiedere aiuto alla figura di riferimento e durante la crescita, sposare tale sicurezza all’interno di sé e poter affrontare le varie fasi di crescita in una media sicurezza e sperimentazione. Ciò viene interiorizzato e rimane anche nell’età adulta, nel sentirsi mediamente capaci e sicuri nelle proprie capacità e poter relazionarsi con gli altri e sperimentare i nuovi compiti delle varie fasi evolutive di crescita.
Le nostre relazioni d’amore ne risentono?
L’attaccamento degli adulti, venne così suddiviso in 4 categorie che portano con sé diversi atteggiamenti verso le relazioni amorose e di fiducia:
- Sicuro: le relazioni di attaccamento sono ritenute importanti, vi è un atteggiamento di apertura. La propria immagine è quindi positiva e anche quella dell’altro, si mantiene il rapporto di fiducia che crea il giusto equilibrio tra indipendenza e relazione intima con il partner.
- Distanziato: mancanza di ricordi del passato. Minimizzano il problema e non ritengono importanti le relazioni. Mancanza di discorso coerente e spesso sulla difensiva. Le sue relazioni saranno quindi su una base ansiosa, di preoccupazione, la propria immagine è vista sempre come negativa e quella dell’altro sempre positiva, non vi è quindi una giusta fiducia e sicurezza, spesso si può presentare quindi una dipendenza affettiva verso l’altro.
- Preoccupato: Il rapporto con i genitori è pieno di preoccupazioni e incoerenza, con ricordi del passato conflittuali. In questo caso la propria immagine è vista come positiva, ma non quella dell’altro, le relazioni non sono viste come importanti, non vi è abbastanza fiducia, e quindi si sposta su una totale indipendenza.
- Non risolto: rapporto con traumi e abusi, pieno di lacune e non risolto. In questo caso entrambe le immagini sono negative, sia di sé che dell’altro, quindi non vi è fiducia, non c’è sicurezza e il dolore del passato distrugge ogni minima spinta di cercare una nuova relazione per paura di essere ferito nel momento in cui entra in relazione e si affida, anche solo parzialmente.
Queste sono le basi teoriche, riassunte in mega sintesi, per comprendere da dove ha origine il nostro attaccamento e perché è così importante. L’argomento e gli studi sono molto più ampi e molto tecnici.
Se sei genitore o caregiver, avrai fatto un grande sospiro nel pensare a quanta responsabilità hanno le tue azioni e conseguenze possono avere sullo sviluppo del* tu* bimb+, ma NO PANIC!!! Come vi dico sempre non c’è un manuale, per fortuna, del perfetto genitore, ma la voglia di far il meglio per i propri figli. Quindi se ti senti in difficoltà, chiedi sempre un aiuto ad uno specialista. Ma in primis ricordati che l’attenzione, l’osservarsi, l’essere consapevoli delle proprie modalità è la prima attenzione che stai dando al vostro rapporto!
Se invece non hai figli, ma semplicemente ti ritrovi a leggere questo articolo e riflettere su quale è stato il tuo stile di attaccamento quando eri piccin* e come instauri ora le relazioni affettive, ripeto anche a te ciò che ricordo sempre in terapia: i genitori fanno sempre il meglio che possono e riescono a fare, ciò non vuol dire che non sbaglino mai. Non serve far la guerra con ciò che ci è mancato, ma può essere davvero utile poterlo comprendere, deresponsabilizzarci su alcuni aspetti, farvi pace, comprendere come superare segni e traumi del passato, per ripartire più consapevoli e sentirci meglio, con noi e con gli altri, senza più sabotare le nostre relazioni.
Tu, dove ti ritrovi maggiormente?
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